Storia del Comune

Attorno alla rupe gessosa, conosciuta con il nome di Monte San Paolino, quasi a rappresentare un colliere di pietre antiche, è dislocata, la blasonata città, demaniale, di Sutera.

Un paese ormai di mille e cinquecento abitanti, con case ammonticchiate le une sulle altre, tra le quali si articola un dedalo di viuzze in pietra lavica e calcarea. Una struttura urbanistica di tipo medievale che ingloba fabbricati vecchi e nuovi, amalgamando armonicamente i colori del gesso con quello dei materiali da prospetto più recenti.

suteranuvole
Il monte San Paolino emerge su un romantico paesaggio
di prati e nebbie, dominando placido le piccole dimore ai suoi piedi
 
In questo paese ogni angolo è storia, cultura, arte ... ogni pietra è leggenda. Questa, almeno, è l'impressione che riceve l'occasionale visitatore al primo acchito… …questa risulta essere la conferma, appena lo stesso incontra gli abitanti del paese: i suteresi. Gente mite, onesta, per bene incline al dialogo. Gente che racconta e si racconta… e ama i dettagli. A Sutera, infatti è la leggenda che ha dato identità al paese. E' Il mito che ha profumato di mistero e suggestione ogni contrada. Persino i ragazzi, oggi, raccontano della fondazione della città ad opera di Dedalo, l'architetto ateniese fuggito dal labirinto di Creta ed ospitato dal sovrano, autoctono, Kocalo.
 
 
panoramaoriginale
Una pittoresca veduta del paese attorno alla rupe gessosa del monte San Paolino, come un collière di pietre antiche
 
E nei racconti indugiano a rappresentare minuziosamente l'assassinio di Minosse, affogato dalle figlie di Kocalo dentro la vasca da bagno accennando anche alla mitica Camico, capitale della Sikania, inghiottita dalla voragine tellurica che aveva frantumato la rocca di San Marco e aveva spezzato in due parti il monte vicino (Rocca spaccata). Sulle mappe del luogo, per chi nutrisse qualche curiosità, si leggono toponimi suggestivi, che stimolano la fantasia (Aravia, Donnibesi, Arancisia, Donnaspusa). Nella realtà, si osservano ambienti incontaminati, selvaggi, fantasmagorici…(Scarcella, Santa Croce, Balate di Sciacca, Ganefo).
 
The noble town of Sutera sits like a necklace of old precious stones around the gypsum cliff known as Mount Saint Paolino. It has a population of around one thousand and five hundred people and is characterised by houses built on top of each other along narrow streets paved with lava tiles and limestone. The urban structure has medieval origins and nowadays includes both old and new buildings, mixing harmoniously the colours of gypsum together with those of modern materials. Every corner is filled with history, culture and art, and every stone tells a story. This first impression of any visiting tourist is reinforced by the inhabitants of the village, the Suteresi – relaxed, honest and good people who love to talk. They like to tell stories about themselves with an abundance of details. This is the myth of Sutera which adds mystery and charm to each district. Even the youngest inhabitants know the story of the establishment of the town by Dedalo, the architect from Athens who escaped the Cretan labyrinth and was sheltered by Kocalo, the local king.In their stories they describe accurately the murder of Minos, drowned by Kocalo’s daughters in the bath, and the legendary Camico, capital of Silkania, which disappeared due to the earthquake responsible for destroying the San Marco fortress and the nearby mount (Rocca Spaccata – Broken Fortress). Anyone’s curiosity can be satisfied by just looking at the local maps and finding out the charming names of many of the villages which feed the imagination (Aravia, Donnibesi, Arancisia, Donnaspusa). In reality, the landscape is wild, pristine, phantasmagoric (Scarcella, Santa Croce, Balate di Sciacca, Ganefo).


Di fronte al paese, le dentate creste della rocca di San Marco e il massiccio profilo di Donnibbesi con le loro misteriose asperità su un territorio segnato dalla Storia antica
Sutera è stata la salvezza della Sicilia ripete la gente, all'unisono, traducendo dal greco e adattando ad ogni fenomeno storico o naturale, l'etimo della denominazione, Sòteira.
Sutera è stata la salvezza delle popolazioni che abitavano le sponde del fiume salato "Alikos", quando nella località denominata Raffe, i pacifici coloni che coltivavano il lino, furono soggetti alle incursioni dei barbari (o barbaroi) che dal mare, con imbarcazioni leggere, dalla foce di Minoa, penetravano nell'interno del territorio, per razziare. Sutera è stata la salvezza dal cataclisma, ripetono ancora, da quell'implosione di fango, che ha sprofondato, come Atlantide, nelle viscere della terra, la mitica capitale della Sikania.
 

affresco bizantinoTraccia di alcuni affreschi sacri, di età bizantina, che decorano un piccolo oratorio rupestre sopravvissuto sulla rocca di San Marco.

E nell'esplicazione dell'etimo la gente si gongola di orgoglio. Si pavoneggia. Perché i suteresi, nella loro tranquillità, sono orgogliosi, fieri, e, molto spesso, vanitosi.
Hanno anche uno spiccato senso della dignità.
Guai ad offenderli o ad oltraggiarli...
Come ai tempi dei greci, presentano immediatamente l'ostracismo. Neanche la Mafia, ubiquitaria mala pianta siciliana, è riuscita, caso più unico che raro, ad attecchire in questo comune. Mai i suteresi sono stati conniventi ed omertosi. Mai si sono lasciati abbindolare dal "fascino" del crimine.
"Ingens ac subtilissima civitas" era l'attributo identificativo dell'antica città regia. Città ingente e abbondante, pur essendo piccola. "Tempore famis subsidium Sotera" riportava una epigrafe marmorea che fino a metà dell'ottocento stette affissa alla parete della chiesa di Sant'Agata, proprio a ricordare il sostegno solidale che la città aveva dato all'isola nelle calamità e nelle carestie. Il geografo Arabo Al Idrisi nella descrizione dei percorsi della Sicilia, nel libro di Ruggero, attribuiva a Sutera, una enorme importanza, sia dal punto di vista economico che come referente di orientamento. "A tramontana di Gardutah giace Sutir, circondato da ogni banda dalle montagne, popoloso, industrie, frequentato, di passaggio da chi va e viene".

Sutera (salvation) has “saved” Sicily, as people say, by translating literally the name from the old Greek (Sòteira) and adapting it to all natural or historical events. Sutera offered an escape for the population who lived on the sides of the river “Alikos” in an area named Raffe, at the time when peaceful settlers were cultivating flax and were attacked by barbarians (barbaroi) who came by sea on their light boats from the mouth of Minoa to raid the territory. Again, Sutera has been the salvation from the tragic implosion of mud which sucked deep into the ground the legendary capital of Sikania, in the same way that Atlantis disappeared. While explaining the etymology of the name, people are full of pride. They strut about it. The Suteresi are calm people but also proud and vain. It would be a great mistake to offend them or show them a lack of respect…. As in the time of the Greeks there is still ostracism. Not even the Mafia, the bad weed which rooted elsewhere, has been able to penetrate this land. The Sutereses have never been cooperative or “omertosi” (silent) about it. They have never been attracted by the sick charm of crime. Inges ac subtilissima civitas: this was the ancient definition of the royal town, both great and opulent, despite being small. “Tempore famis subsidium Sotera”, were the words engraved on a marble plaque on the wall of Saint Agata’s church until the middle of the nineteenth century to serve as a reminder of the support given by the town to the island during difficult times and famine. The Arabic geographer Al Idrisi in his description of various routes in Sicily, in the Ruggero’s book, gave Sutera an enormous importance from an economic point of view and as for its position. “On the North side of Gardutah sits Sutir, surrounded on every side by mountains, highly populated, busy, used as a passage by voyagers who come and go”.

 

Territorio strategico, dunque, per chiunque volesse controllare la via comiciana, quel percorso tortuoso che, costeggiando, a tratti le rocce di monte Conca e Cimò, a tratti il fiume Platani, da Girgenti portava alla capitale dell'isola. Sulla vetta della Rocca, di quell'amba africana come la definì nel 1910 il professore Giovanni Lorenzoni, sorse, allora, il castello: "i dammusi", la neviera, le prigioni.

la iacca

Ecco la "jacca" o "Rocca Spaccata": una leggenda vuole che a spaccare in due questa rocca sia stata una scossa di terremoto accaduta quando Cristo spirò sulla Croce.

pizzo san marco

San Marco visto da sotto con le sue frastagliate rocce è meta di visitatori che possono arrivare fino in cima al cosidetto "Scifazzu"

 

 

 Da quella postazione infatti, si osservava ogni luogo, ogni movimento del vastissimo territorio circostante.
Il castello di Mussomeli, il torrione dei Gibellini, la Sera del Palco, il Passo "funnutu", il mare di Agrigento, la rocca di Bastiglia, il monte Cammarata, si potevano raggiungere velocemente con uno sguardo, si potevano toccare, idealmente, con una mano.
Ad occidente si vedeva nitida e vicina Castrogiovanni.
Nelle giornate serene, più in là, sullo sfondo, il vulcano fumante l'Etna... il Mongibello.
Fu quello il motivo prioritario che ne determinò la demanialità, l'appartenenza alla Regia Corona. Fu quella la prerogativa che oppose, negli anni successivi, le nobili famiglie suteresi agli occasionali conti e baroni che per brevi periodi ne ebbero il possesso.
Il 21 febbraio del 1397 dopo essere appartenuta a Guglielmo Raimondo di Montecateno, venne "ad demanium reducta", per volontà del re Martino "perché un re deve, sempre, accondiscendere alle richieste dei suoi fedeli" punendo chi si macchia di fellonia e lesa maestà. Venduta e riscattata anche negli anni succesivi, la Vecchia Signora del Vallone, si vide attorniata, tra gli inizi del '500 e la fine del '600, da nuovi centri abitati che sorsero come funghi per incentivare l'agricoltura, unica fonte di reddito della nuova nobiltà contadina assenteista. Sutera, in quegli anni, divenne centro amministrativo e religioso della Val di Mazzara; fu sede di notai, di funzionari, militari, conventi e chiese.
All'inizio del settecento il suo declino divenne inarrestabile un po' per la rissosità della sua nobiltà minore, un po' per la progressione di Mussomeli con i fertili e ben amministrati feudi degli onnipotenti Lanza. La crisi dell'agricoltura tradizionale con la rivoluzione industriale, i nuovi assetti istituzionali scarsamente rispondenti alle necessità di territori difficili e diffidenti, l'emigrazione agli inizi del '900, nel primo e nel secondo dopoguerra, l'attuale invecchiamento della popolazione hanno decretato un progressivo calo demografico. Ma proprio in questo contesto che i suteresi hanno voluto ridare lustro al proprio paese scommettendo su una risorsa che non sembra più un utopia: il turismo. Dal dicembre del 2013 Sutera fa parte del circuito turistico de "I Borghi più Belli d'Italia"

 


 


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